Queste cose dice colui che ha i sette spiriti di Dio e le sette stelle:
"Io conosco le tue opere: tu hai fama di vivere ma sei morto. Sii vigilante e rafforza il resto che sta per morire; poiché non ho trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio. Ricòrdati dunque come hai ricevuto e ascoltato la parola, continua a serbarla e ravvediti. Perché, se non sarai vigilante, io verrò come un ladro, e tu non saprai a che ora verrò a sorprenderti. Tuttavia a Sardi ci sono alcuni che non hanno contaminato le loro vesti; essi cammineranno con me in bianche vesti, perché ne sono degni. Chi vince sarà dunque vestito di vesti bianche, e io non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma confesserò il suo nome davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli. Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese".
Apocalisse 3:1-6
1.Introduzione
Dopo le lettere destinate alle chiese di Efeso, Smirne, Pergamo e Tiatiri, arriviamo ora con il terzo capitolo dell'Apocalisse alla lettera che Gesù Cristo detta a Giovanni per la chiesa di Sardi.
Guardando la cartina possiamo osservare la vicinanza di tutte queste comunità locali, che Giovanni sicuramente conosceva. La successione delle varie chiese sembra quasi seguire un ipotetico viaggio ministeriale dell'Apostolo che in senso orario tocca tutte le comunità dell'Asia Minore del I secolo. Come abbiamo visto nei precedenti articoli, tutte le sette lettere presentano un preciso schema con una presentazione di Gesù, un apprezzamento degli aspetti positivi della comunità, una condanna di quelli negativi, una correzione, l'incoraggiamento a perseverare e l'esortazione finale "chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese".
2.La presentazione di Cristo
Alla chiesa di Sardi, Gesù si presenta come colui che ha i sette spiriti di Dio e le sette stelle. I sette spiriti richiamano l'espressione utilizzata all'inizio del libro (Ap 1:4), quando Giovanni si rivolge alle sette chiese rivolgendo a loro grazia e pace da colui che è, che era e che viene (il Padre), dai sette spiriti che sono davanti al suo trono (lo Spirito nella sua pienezza) e da Gesù Cristo, testimone fedele, primogenito dai morti e principe dei re della terra. Questo concetto teologico tuttavia ha origini molto più antiche, da ricondurre al libro del profeta Isaia, e più specificamente alla porzione chiamata "libretto dell'Emmanuele" (cc. 7-12) che profetizza l'avvento del Messia con una sovrapposizione agli eventi della guerra siro-efraimitica, in quel tempo attuali, secondo lo stile della prospettiva profetica. Leggiamo infatti:
Poi un ramo uscirà dal tronco d'Isai,
e un rampollo spunterà dalle sue radici.
Lo Spirito del SIGNORE riposerà su di lui:
Spirito di saggezza e d'intelligenza,
Spirito di consiglio e di forza,
Spirito di conoscenza e di timore del SIGNORE.
Isaia 11:1,2
Lo Spirito del Signore (1) dovrà riposare sul Messia come Spirito di saggezza (2), di intelligenza (3), di consiglio (4), di forza (5), di conoscenza (6) e di timore del Signore (7). Nella Lettera ai Romani (15:8-12), l'Apostolo Paolo cita l'inizio di questo brano mostrando che Gesù Cristo è proprio questo rampollo tanto atteso, sul quale sarebbe dimorata la pienezza dello Spirito Santo. Per questo motivo Egli può presentarsi alla chiesa di Sardi come colui che ha i sette Spiriti di Dio, ossia come colui sul quale riposa la pienezza dello Spirito di Dio.
Oltre ai sette Spiriti però, Gesù ha anche sette stelle. In questo caso il significato è più semplice ed è da trovare unicamente nel libro dell'Apocalisse. Il Signore appare a Giovanni in mezzo a sette candelabri (1:13), con sette stelle nella sua mano destra (1:16) e una spada a due tagli che usciva dalla sua bocca. Cristo stesso però gli dice che le sette stelle sono gli angeli delle sette chiese, e i sette candelabri sono le sette chiese (1:20). Come abbiamo visto negli studi relativi alle precedenti lettere, gli angeli delle chiese rappresentano i rispettivi responsabili. Gesù quindi si presenta alla comunità di Sardi come colui che ha la pienezza dello Spirito e i responsabili delle comunità a cui si rivolge. Egli infatti è il capo supremo della Chiesa (Ef 1:22) ed i ministeri non sono altro che Suoi doni (Ef 4:11). Il Signore sta parlando alla comunità di Sardi con la pienezza della Deità (Col 2:9) e l'autorità suprema su tutta la Chiesa.
3.Il ritratto di una chiesa morente
Il secondo punto dello schema comune alle sette lettere dell'Apocalisse, viene in questo caso completamente stravolto. Gesù infatti non identifica alcun punto positivo per questa chiesa e passa direttamente a presentare gli aspetti negativi: "tu hai fama [letteralmente: tu hai nome] di vivere ma sei morto". L'esortazione è quella di vigilare e rafforzare il resto che sta per morire, ricordare l'attitudine con la quale la chiesa ha ricevuto il Vangelo e ravvedersi. La maggior parte dei credenti di questa comunità stava morendo spiritualmente: stavano per morire pur avendo nome di viventi. La comunità esisteva, era conosciuta nella regione, ma spiritualmente era arrivata quasi a non esistere più. La fiamma dello Spirito Santo non infuocava più come a pentecoste, ma era quasi spenta, ridotta a poco più di un lucignolo fumante. Non sappiamo cosa abbia portato la chiesa di Sardi fino a questo punto, ma l'assenza di riferimenti specifici (che non mancano invece nelle altre lettere) può far pensare ad un semplice ma letale allontanamento dall'ascolto e dalla comunione con lo Spirito Santo. E' probabile che più che la licenziosità, il pericolo si fosse presentato sotto forma di tradizionalismo e vuota religiosità, in una situazione analoga a quella più volte denunciata dal profeta Isaia nei riguardi del popolo di Giuda. Circa quarant'anni prima, l'Apostolo Paolo esortò la comunità di Tessalonica a non spegnere lo Spirito (1Ts 5:19). Ebbene, la lettera alla chiesa di Sardi mostra cosa succede proprio se si spegne lo Spirito, giorno dopo giorno, in una intera comunità cristiana. Risulta quasi difficile credere che questo possa avvenire, ma il testo biblico risulta molto chiaro in proposito. Alla fine del I secolo la chiesa di Sardi era conosciuta dagli altri cristiani, ma Cristo, che conosce le opere di ciascuno, sapeva bene quanto in realtà fosse vicina alla morte.
La riprensione continua con le seguenti parole: "se non sarai vigilante, io verrò come un ladro, e tu non saprai a che ora verrò a sorprenderti". Questa espressione è molto simile a quella utilizzata in altri passi del Nuovo Testamento in relazione alla seconda venuta di Cristo (p.es. 1 Ts 5:2), ma il contesto suggerisce invece che sia un vero e proprio giudizio pendente sulla comunità. Se non vi fosse trovata una correzione dopo il messaggio, il Signore avrebbe tolto il candelabro dalla chiesa di Efeso, combattuto contro coloro che professavano la dottrina dei Nicolaiti nella chiesa di Pergamo, messo in tribolazione coloro che avevano fornicato con la nuova Iezabel nella chiesa di Tiatiri, e sorpreso di nascosto con il proprio giudizio la chiesa di Sardi.
Tuttavia a Sardi vi erano anche alcuni che non avevano contaminato le loro vesti, e che quindi si erano mantenuti puri. Questa frase sembra richiamare il concetto teologico della chiesa invisibile, e manifesta il fatto che per quanto una comunità possa essere spiritualmente corrotta e moribonda, vi si potranno molto spesso trovare ugualmente credenti sinceri. A loro non è fatta alcuna colpa, ma al contrario sono riconosciuti dal Signore come degni di camminare con lui in bianche vesti.
4.Avvicinandosi alla "ricompensa" secondo la critica delle fonti
La ricompensa degli irreprensibili della chiesa di Sardi è quella di vestire con vesti bianche ed avere il proprio nome scritto nel libro della vita e confessato da Gesù davanti al Padre e ai suoi angeli. Quest'ultima espressione richiama alla mente la prima parte di un celebre loghion (ossia, un detto) di Gesù, presente nei vangeli di Luca e Matteo:
Luca 12:8 Or io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo riconoscerà lui davanti agli angeli di Dio.
Matteo 10:32 Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io riconoscerò lui davanti al Padre mio che è nei cieli.
ll fatto che esso non sia presente nel vangelo di Marco, secondo la teoria delle due fonti, farebbe risalire questa frase (in una forma arcaica lievemente differente ad entrambe) all'antica fonte Q [1]. La teoria delle due fonti afferma che per la redazione dei vangeli di Luca e Matteo siano state utilizzate principalmente due fonti: il vangelo di Marco e appunto una ulteriore fonte detta "Q", che rappresenterebbe in ogni caso una semplice ipotesi letteraria. Questa fonte sarebbe stata costituita unicamente da frasi di Gesù, senza alcuna cornice narrativa.
La versione dell'Apocalisse di Giovanni appare come una sintesi delle due versioni, assimilando il riconoscimento tanto agli angeli di Dio quanto al Padre che è nei cieli. La frase inizia la sua conclusione come la versione matteana e la porta a termine rielaborando la versione lucana. Sicuramente al tempo della redazione dell'Apocalisse di Giovanni esistevano già entrambi i vangeli, ed è lecito pensare che l'autore abbia attinto a queste fonti (o eventualmente ad una versione della stessa fonte Q) per scrivere l'ultima sezione della lettera alla chiesa di Sardi. Trovo significativo a questo riguardo il contesto in cui è inserito il loghion nei due vangeli. Nel contesto di Luca infatti, Gesù stava mettendo in guardia dal lievito dei farisei, mentre in quella di Matteo profetizzava le persecuzioni imminenti. Ebbene, nel nostro brano il Signore riprende duramente una chiesa dal comportamento farisaico, simile ad un sepolcro imbiancato - bello di fuori ma dentro pieno d'ossa di morti (Mt 23:27). Per la contrapposizione visibile nelle altre lettere tra l'aspetto riconosciuto/condannato nelle comunità e il premio per chi lo riesca a superare, è sicuramente verosimile l'accostamento tra una ipocrisia farisaica e un riconoscimento davanti al Padre che almeno in un vangelo viene riconosciuto proprio a coloro che si guardano da questo "lievito" (cfr. Lc 12:1), pur subendo da questo genere di persone trattamenti ed accuse ingiuste (Lc 12:11) che trovano un loro parallelo nel contesto del vangelo di Matteo.
5.L'interpretazione della Riforma
La Riforma Protestante ha applicato a questo brano un'interpretazione storica. Le sette lettere rappresenterebbero quindi un tempo scandito in sette periodi, iniziato con la resurrezione di Cristo e che arriverà al suo termine con la tribolazione. La lettera alla chiesa di Efeso rappresenterebbe la chiesa apostolica (33 - 100 d.C.), quella alla chiesa di Smirne la chiesa perseguitata (100 - 312), Pergamo sarebbe la chiesa indulgente (312 - 616), Tiatira quella corrotta (dal 606 alla tribolazione) e Sardi la chiesa morta (dal 1520 alla tribolazione). In essa si rispecchierebbe quindi il cristianesimo nell'epoca immediatamente successiva alla Riforma stessa, che si identificherebbe con coloro che non hanno contaminato le loro vesti, e che sono perciò chiamati ad avere il proprio nome nel libro della vita ed essere riconosciuti dal Signore. I credenti che in quel tempo hanno aderito alla Riforma infatti erano all'interno della Chiesa Cattolica Romana proprio come i fedeli della chiesa di Smirne erano dentro questa stessa comunità. Tale visione viene proiettata fino al tempo della tribolazione prendendo probabilmente letteralmente le parole di Gesù "io verrò come un ladro, e tu non saprai a che ora verrò a sorprenderti" legandole quindi ad un tempo escatologico, in accordo con gli altri passi del Nuovo Testamento (Mt 24:43, 1 Ts 5:2, 2 Pt 3:10).
6.Considerazioni finali
Oltre all'interpretazione storica, esistono principalmente altre tre visioni differenti. C'è l'interpretazione preterista che vede questo brano in relazione unicamente alla chiesa di Sardi del I secolo, quella idealista che svincola il testo da qualsiasi contorno storico per poterlo mitizzare e renderlo usufruibile in qualsiasi contesto e infine la visione futurista che considera queste sette lettere nel loro periodo storico, proiettando però tutto il resto dell'Apocalisse verso il futuro.
Anche per questa lettera, la mia riflessione si sofferma sulla situazione storica di questa chiesa nel I secolo, riconoscendo però un valore generale applicabile a tutte le comunità cristiane che nel corso della storia si sono riconosciute nella stessa situazione. Purtroppo infatti anche al giorno d'oggi esistono chiese che hanno nome di esser vive ma in realtà sono morte spiritualmente. Chiese che si sono dimenticate come si vive camminando secondo lo Spirito (Gal 5:16) adempiendo di fatto i desideri della carne. Desideri che non per forza riguardano scandali eclatanti ma che molto più verosimilmente sono identificabili con il semplice e solo apparire, con una tradizione religiosa gratificante ma ormai priva di spiritualità. Tanto alla chiesa di Sardi, quanto a queste comunità più recenti, il Signore rivolge le stesse parole.
Note:
[1] Cfr. Fricker Denis, Siffer Nathalie, La fonte Q, Ed. San Paolo, p. 66.
E' stata utilizzata l'edizione critica di ricostruzione della fonte dell'International Q Project.
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