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domenica 14 febbraio 2016

Il sommo sacerdote passato attraverso i cieli

Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che egli ha costituito erede di tutte le cose, mediante il quale ha pure creato i mondi. Egli, che è splendore della sua gloria e impronta della sua essenza, e che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza, dopo aver fatto la purificazione dei peccati, si è seduto alla destra della Maestà nei luoghi altissimi.
Ebrei 1:1-3 
1. INTRODUZIONE

La Lettera agli Ebrei è senz'altro un'opera avvolta da un certo mistero. A differenza delle altre lettere del Nuovo Testamento non presenta mittente, né destinatario, e il suo contenuto dà talvolta l'impressione di trovarsi su un terreno letterario più che su quello della comunicazione epistolare1. Alcuni indizi interni suggeriscono che il suo autore sia l'apostolo Paolo, ma questo non viene mai affermato esplicitamente dal testo, lasciando di fatto la questione ancora aperta2. Il tempo di redazione della lettera viene generalmente collocato intorno agli anni 60 del I secolo, e il suo finale (13:24) suggerisce che sia stata scritta in Italia, o forse che in Italia vi fossero i destinatari, salutati quindi da loro connazionali in compagnia dell'autore. 

Già dalle sue primissime frasi, la lettera definisce nitidamente la realtà della Nuova Alleanza, ed i fondamenti della dottrina cristiana. Successivamente dimostra con le Scritture veterotestamentarie la superiorità di Cristo agli angeli e a Mosè, esortando i credenti ad una condotta irreprensibile, migliore di quella dell'antico Israele. In un secondo momento, invita in modo specifico a considerare Gesù in quanto apostolo e sommo sacerdote della fede professata. Gesù: l'apostolo e il sommo sacerdote di ogni cristiano.

Perciò, fratelli santi, che siete partecipi della celeste vocazione, considerate Gesù, l'apostolo e il sommo sacerdote della fede che professiamo, il quale è fedele a colui che lo ha costituito, come anche lo fu Mosè, in tutta la casa di Dio. Gesù, anzi, è stato ritenuto degno di una gloria tanto più grande di quella di Mosè quanto chi costruisce una casa ha maggior onore della casa stessa. Certo ogni casa è costruita da qualcuno, ma chi ha costruito tutte le cose è Dio. Mosè fu fedele in tutta la casa di Dio come servitore per rendere testimonianza di ciò che doveva essere annunciato, ma Cristo lo è come Figlio, sopra la sua casa; e la sua casa siamo noi se manteniamo ferma sino alla fine la nostra franchezza e la speranza di cui ci vantiamo. 
Ebrei 3:1-6
2. IL SOMMO SACERDOTE DEFINITIVO

Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno. Infatti ogni sommo sacerdote, preso tra gli uomini, è costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati; così può avere compassione verso gli ignoranti e gli erranti, perché anch'egli è soggetto a debolezza; ed è a motivo di questa che egli è obbligato a offrire dei sacrifici per i peccati, tanto per se stesso quanto per il popolo. Nessuno si prende da sé quell'onore; ma lo prende quando sia chiamato da Dio, come nel caso di Aaronne. Così anche Cristo non si prese da sé la gloria di essere fatto sommo sacerdote, ma la ebbe da colui che gli disse: «Tu sei mio Figlio; oggi ti ho generato». Altrove egli dice anche: «Tu sei sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec». Nei giorni della sua carne, con alte grida e con lacrime egli offrì preghiere e suppliche a colui che poteva salvarlo dalla morte ed è stato esaudito per la sua pietà. Benché fosse Figlio, imparò l'ubbidienza dalle cose che soffrì; e, reso perfetto, divenne per tutti quelli che gli ubbidiscono, autore di salvezza eterna, essendo da Dio proclamato sommo sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec.
Ebrei 4:14-16, 5:1-10 

Gesù non è solo superiore agli angeli, ma è anche sacerdote della casa di Dio, della sua casa, composta da tutti i veri credenti. In realtà non è soltanto un sacerdote, ma è il sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, il sommo sacerdote definitivo. Questi ruoli possono essere compresi soltanto leggendo l'Antico Testamento, in quanto sono tratti proprio dall'Antica Alleanza:

«Tu farai accostare a te, tra i figli d'Israele, tuo fratello Aaronne e i suoi figli con lui perché siano sacerdoti: Aaronne, Nadab, Abiu, Eleazar e Itamar, figli di Aaronne. A tuo fratello Aaronne farai dei paramenti sacri, in segno di dignità e di gloria. Parlerai a tutti gli uomini sapienti, che io ho riempito di spirito di sapienza, ed essi faranno i paramenti di Aaronne perché sia consacrato e mi serva come sacerdote. 
Esodo 28:1-3 

Il sommo sacerdote che sta al di sopra dei suoi fratelli, sul capo del quale è stato sparso l'olio dell'unzione e che è stato consacrato e indossa i paramenti sacri, non si scoprirà il capo e non si straccerà le vesti. Non si avvicinerà ad alcun cadavere; non si renderà impuro neppure per suo padre e per sua madre. Non uscirà dal santuario e non profanerà il santuario del suo Dio, perché l'olio dell'unzione del suo Dio è su di lui come un diadema. Io sono il SIGNORE.
Levitico 21:10-12

Tutta la discendenza di Aaronne - fratello di Mosè - fu scelta da Dio dopo l'Esodo per diventare una stirpe sacerdotale. Ad ogni generazione familiare veniva scelto un singolo individuo per diventare sommo sacerdote, con incarichi speciali che poteva compiere soltanto lui. Il sommo sacerdote era consacrato con unzione e si doveva attenere ad una condotta particolarmente santa per poter svolgere il suo servizio a favore di tutto il popolo di Israele. Essendo egli stesso un essere umano comprendeva bene i suoi limiti, i suoi peccati e quelli degli altri israeliti, e poteva offrire di conseguenza i sacrifici di espiazione con una buona consapevolezza. Egli conosceva la compassione per sé e per il popolo, la compassione le tante trasgressioni, debolezze, per i tanti fallimenti davanti a Dio. L'incarico del sommo sacerdote derivava direttamente dal Signore, come abbiamo letto, ed era quindi un'istituzione divina. In modo simile, anche Cristo fu istituito come sommo sacerdote definitivo ed eterno per esplicità volontà di Dio Padre:

Io annuncerò il decreto:
Il SIGNORE mi ha detto: «Tu sei mio figlio,
oggi io t'ho generato
.

Salmi 2:7

Il SIGNORE ha detto al mio Signore:
«Siedi alla mia destra
finché io abbia fatto dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi».
Il SIGNORE stenderà da Sion lo scettro del tuo potere.
Domina in mezzo ai tuoi nemici!
Il tuo popolo si offre volenteroso
quando raduni il tuo esercito.
Parata di santità, dal seno dell'alba
la tua gioventù viene a te come rugiada.
Il SIGNORE ha giurato e non si pentirà:
«Tu sei Sacerdote in eterno,
secondo l'ordine di Melchisedec
».
 
Salmi 110:1-4

Nel libro della Genesi leggiamo che Melchisedec, re di Salem, sacerdote del Dio altissimo (14:18), ad un certo punto benedisse Abraamo e ricevette da lui la decima di ogni cosa (14:20). La sua figura è avvolta dal mistero, visto che in questa narrazione appare e scompare nel giro di poche frasi, compiendo solamente questi servizi sacri (benedizione e ricevimento della decima). Egli era un sacerdote prima del sacerdozio istituito con Aaronne (discendente di Abraamo), e ricevette la decima dal patriarca Abraamo, il patriarca che avrebbe dato origine a tutto Israele ed alla relativa dinastia sacerdotale. Di conseguenza il sacerdozio di Melchisedec era di fatto un sacerdozio superiore a quello di Aaronne, un sacerdozio misterioso che le Scritture non avrebbero più descritto fino al Salmo 110. In questo Salmo troviamo profeticamente un decreto di Dio Padre, che dice al Signore: "tu sei sacerdote in eterno, secondo l'ordine di Melchisedec". Un decreto che si va ad aggiungere a quello di figliolanza descritto nel Salmo 2. Questi antichi oracoli profetici possono ora, in questi ultimi giorni, essere correttamente interpretati a riguardo del Figlio, che Dio Padre ha costituito erede di tutte le cose e mediante il quale egli ha pure creato i mondi. Questi versetti infatti rappresentano l'istituzione per decreto divino del sommo sacerdozio di Gesù Cristo, proprio come i versetti che abbiamo visto in Esodo e Levitico rappresentano l'istituzione del sacerdozio e del sommo sacerdozio per i discendenti di Aaronne. Gesù però, non è solamente stato istituito dal Padre come sommo sacerdote in eterno, ma nella sua incarnazione ha anche vissuto secondo la natura umana la sofferenza che l'accompagna - pur senza mai peccare - e una totale ubbidienza al Padre fino alla morte, e alla morte di croce (Fili. 2:8). Per questo motivo egli può svolgere in modo perfetto questo ufficio, comprendendo appieno le debolezze degli esseri umani ed essendo per loro autore di una salvezza eterna.  

Ora, il punto essenziale delle cose che stiamo dicendo è questo: abbiamo un sommo sacerdote tale che si è seduto alla destra del trono della Maestà nei cieli, ministro del santuario e del vero tabernacolo, che il Signore, e non un uomo, ha eretto.
Ebrei 8:1-2  
3. IL SACRIFICIO DEFINITIVO

Certo anche il primo patto aveva norme per il culto e un santuario terreno. Infatti fu preparato un primo tabernacolo, nel quale si trovavano il candeliere, la tavola e i pani della presentazione. Questo si chiamava il luogo santo. Dietro la seconda cortina c'era il tabernacolo, detto il luogo santissimo. Conteneva un incensiere d'oro, l'arca del patto tutta ricoperta d'oro, nella quale c'erano un vaso d'oro contenente la manna, la verga di Aaronne che era fiorita e le tavole del patto. E sopra l'arca c'erano i cherubini della gloria che coprivano con le ali il propiziatorio. Di queste cose non possiamo parlare ora dettagliatamente. Questa dunque è la disposizione dei locali. I sacerdoti entrano bensì continuamente nel primo tabernacolo per compiervi gli atti del culto; ma nel secondo, non entra che il sommo sacerdote una sola volta all'anno, non senza sangue, che egli offre per se stesso e per i peccati del popolo. Lo Spirito Santo voleva con questo significare che la via al santuario non era ancora manifestata finché restava ancora in piedi il primo tabernacolo. Questo è una figura per il tempo presente. I doni e i sacrifici offerti secondo quel sistema non possono, quanto alla coscienza, rendere perfetto colui che offre il culto, perché si tratta solo di cibi, di bevande e di varie abluzioni, insomma, di regole carnali imposte fino al tempo di una loro riforma. 

Marco 15:38 E la cortina del tempio si squarciò in due, da cima a fondo.
Ma venuto Cristo, sommo sacerdote dei beni futuri, egli, attraverso un tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto da mano d'uomo, cioè, non di questa creazione, è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue. Così ci ha acquistato una redenzione eterna. Infatti, se il sangue di capri, di tori e la cenere di una giovenca sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano, in modo da procurar la purezza della carne, quanto più il sangue di Cristo, che mediante lo Spirito eterno offrì se stesso puro di ogni colpa a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente!
Ebrei 9:1-14

Il primo patto prevedeva l'esistenza di un tabernacolo, eretto inizialmente da Mosè e successivamente trasformato in tempio da Salomone (alla cui distruzione seguì poi la costruzione di un secondo tempio). Questo tabernacolo era costituito da un cortile, un luogo santo e un luogo santissimo. Mentre nel luogo santo i sacerdoti entravano tutti giorni, nel luogo santissimo (che custodiva l'arca dell'alleanza, rappresentante la presenza di Dio) poteva entrare soltanto il sommo sacerdote una volta all'anno per offrire il sacrificio di espiazione per i suoi peccati e per quelli di tutto il popolo di Israele. Questo sacrificio doveva ripetersi continuamente, ogni anno, proprio perché rispondeva ad un rituale imperfetto e temporaneo, poiché la via al santuario non era ancora stata manifestata. Erano dunque regole necessarie e comandate da Dio, ma contemporaneamente carnali (ossia eseguite da uomini e quindi insufficienti) e imposte momentaneamente fino al tempo di una loro riforma. Questa riforma è avvenuta con la morte e risurrezione di Cristo, che lo hanno portato ad entrare nel vero luogo santissimo, ossia il celeste trono di Dio, del quale il luogo santissimo del tabernacolo di Mosè era solamente immagine e rappresentazione. Questo, di conseguenza, è il sacrificio espiatorio definitivo, avvenuto grazie al sommo sacerdote definitivo che ha offerto non più animali ma la sua stessa vita per acquistare una redenzione eterna a tutti coloro che si avvicinano a lui. Nel suo libro Institutio christianae religionis, il riformatore Giovanni Calvino descriverà in questo modo il sacerdozio e il sacrificio di Cristo:
"Per quanto riguarda il sacerdozio, esso ha la funzione seguente: Cristo il mediatore, puro da ogni macchia, ci procura il favore di Dio e ci rende graditi a lui con la sua santità. La maledizione causata dal peccato di Adamo ha chiuso l'entrata del cielo e Dio, in quanto giudice, ci è nemico: è necessario quindi che il sacerdote intervenga efficacemente per aprirci la via della grazia placando la collera divina. E' stato quindi necessario che Gesù Cristo si presentasse con il sacrificio per svolgere questa funzione.3"
Cogliendo queste parole, la via della grazia che conduce al trono di Dio ora è aperta grazie a Cristo, sommo sacerdote dei beni futuri. Il trono della grazia è adesso raggiungibile grazie al suo perfetto sacrificio, e possiamo accostarci ad esso con piena fiducia, per ottenere misericordia e trovare grazia ed essere soccorsi al momento opportuno.  

4. SACERDOTI DEL NUOVO PATTO

Questa riforma, questo cambiamento di patto, ha comportato come conseguenza un profondo cambiamento nel rapporto tra Dio e gli uomini che lo amano. Come abbiamo visto, il Figlio di Dio in quanto sommo sacerdote in eterno ha aperto definitivamente l'accesso al trono della grazia. Un trono ora disponibile attraverso la sua unica e sola mediazione (1 Tim. 2:5). Non esistono più infatti altri mediatori necessari per raggiungere il Padre, non esiste alcun altro sacerdote necessario per svolgere il proprio servizio sacro e vivere la propria vita in modo gradito a Dio. In realtà, per essere più esatti, il sacerdozio in sé non è stato abolito, ma, al contrario, esso è stato invece esteso a tutti i credenti. Troviamo conferma di questo dato in almeno due distinti contesti neotestamentari:

Giovanni, alle sette chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che sono davanti al suo trono e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno e dei sacerdoti del Dio e Padre suo, a lui sia la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen. Ecco, egli viene con le nuvole e ogni occhio lo vedrà; lo vedranno anche quelli che lo trafissero, e tutte le tribù della terra faranno lamenti per lui. Sì, amen. «Io sono l'alfa e l'omega», dice il Signore Dio, «colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente».
Apocalisse 1:4-8

Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa; voi, che prima non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia.
1Pietro 2:9-10 

Gesù Cristo sommo sacerdote in eterno, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra, ha liberato ogni credente dai propri peccati con il suo sangue. Ma non solo: egli ha anche fatto dei cristiani di ogni luogo e tempo un popolo e un regno, e di ciascuno di essi un sacerdote di Dio Padre. La totalità dei cristiani rappresenta la casa di Dio, il regno di Dio, la Chiesa di Dio! Coloro che il Padre chiama fuori da questo mondo per servirlo, entrano a far parte di questo regno, diventando suoi sacerdoti. Tutti! Nel primo patto esisteva un solo popolo ed una sola nazione che era stata scelta da Dio, ossia Israele, ma in questo secondo patto, il popolo di Dio viene allargato fino ad accogliere persone provenienti da ogni nazione, tribù, popolo e lingua (Ap. 7:9). Nel primo patto il popolo aveva bisogno della classe sacerdotale per offrire i propri vari sacrifici a Dio ed essere graditi a lui, ma in questo secondo patto non è più necessario alcun sacrificio oltre a quello offerto da Cristo una volta per sempre, ed ogni individuo del popolo è ora un sacerdote a sé! Nel 1520, il riformatore Martin Lutero commenterà così l'insegnamento biblico del sacerdozio universale, scrivendo ai nobili cristiani tedeschi:
Hanno avuto la trovata di chiamare ecclesiastici i papi, i vescovi, i preti e gli abitatori dei conventi, laici invece i principi, i signori, i commercianti e i contadini; la qual cosa è una finissima ed ipocrita costumanza, ma nessuno si lasci abbindolare da essa, e per le seguenti ragioni: i cristiani tutti appartengono allo stato ecclesiastico, né esiste tra loro differenza alcuna, se non quella dell’ufficio proprio a ciascuno; come dice S. Paolo (I Corinzi 12, 12 ss.), che noi siamo tutti un solo corpo, ma che ogni organo ha il suo ufficio particolare con cui essere utile agli altri; e ciò avviene perchè tutti abbiamo uno stesso battesimo, uno stesso Vangelo, una stessa fede e siamo tutti cristiani allo stesso modo (Efesini 4,5). Il battesimo, il Vangelo e la fede, infatti, ci fanno tutti religiosi e tutti cristiani.[…] Infatti tutti quanti siamo consacrati sacerdoti dal battesimo, come dice S. Pietro (1 Pietro 2,9): “Voi siete un regal sacerdozio un regno sacro; e l’Apocalisse (5,10): “Col tuo sangue ci hai fatti sacerdoti e re”4.
In questo misericordioso nuovo patto, tutti i credenti appartengono allo stato ecclesiastico, tutti i credenti sono sacerdoti di Dio. Tutti i credenti sono costituiti per proclamare le virtù di colui che li ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa, una proclamazione efficace davanti al mondo intero, di generazione in generazione. Ogni cristiano infatti è erede del ministero della riconciliazione (2 Cor. 5:18), e responsabile del proprio incarico sacerdotale nella sua condotta di vita. Ogni cristiano è esortato a non conformarsi a questo mondo, ma ad essere trasformato mediante il rinnovamento della propria mente, affinché possa conoscere per esperienza quale sia la buona, gradita e perfetta volontà di Dio (Rom. 12:2). Tutto il popolo di Dio può accostarsi a lui, proprio come tutti i figli possono accostarsi al proprio padre, senza alcun impedimento né ostacolo. Tutto il popolo di Dio è tempio dello Spirito Santo (1 Cor. 3:16) e non ha più bisogno di alcun altro tempio costruito da mani d'uomo (Atti 17:24,25). Questa è la potenza di Dio: la potenza della grazia del Signore Gesù Cristo, la potenza dell'amore di Dio Padre e la potenza della comunione dello Spirito Santo, un accordo andato ad effetto nel proposito eterno di Dio per la salvezza degli uomini di ogni tempo.

5. CONCLUSIONE 













Pochi altri testi neotestamentari riescono a descrivere e definire così approfonditamente il ruolo sacerdotale di Gesù Cristo come fa la Lettera agli Ebrei. Fin dai primi anni successivi alla risurrezione del Signore, la Chiesa riconobbe nella Tanakh (Antico Testamento) numerosi indizi profetici circa l'identità ed il significato della predicazione e delle azioni di Gesù, e proprio un gran numero di questi indizi vengono citati dall'autore della lettera per argomentare il significato teologico più profondo del Nuovo Patto. 

Un unico e definitivo sommo sacerdote, un santuario celeste che finalmente risponde alla piena realtà della presenza di Dio e non più ad un modello terrestre, un intero popolo che, abolita ogni classe sacerdotale, è libero di svolgere il proprio servizio sacro in modo personale e diretto. Queste differenze sostanziali aprono la salvezza di Dio a tutte le nazioni, in un nuovo e glorioso tempo di testimonianza con la potenza dello Spirito di Dio fino alle estremità della terra.



Note:

[1] Bosh Jordi Sanchez, Scritti Paolini, Ed. Paideia, cit. p. 415.
[2] Id. Ibid. cit. pp. 391-392.
[3] Giovanni Calvino, Istituzione della religione cristiana, Libro secondo, capitolo XV. 
[4] Martin Lutero, Scritti politici, Torino 1959, cit. p. 130

martedì 9 febbraio 2016

Il frutto dell'apostolato (parte III): la santificazione, in attesa del Signore

Dopo essere passati per Amfipoli e per Apollonia, giunsero a Tessalonica.
 Atti 17:1 

1. INTRODUZIONE
















Nei precedenti approfondimenti abbiamo considerato le circostanze che hanno portato alla fondazione della prima comunità cristiana di Tessalonica grazie al ministero dell'apostolo Paolo e dei suoi collaboratori, così come sono raccontate nel libro degli Atti al diciasettesimo capitolo. In questo capitolo, abbiamo inoltre appreso che gli apostoli dovettero abbandonare in fretta la città per evitare di essere catturati in seguito ad un tumulto popolare, fatto questo che ha lasciato Paolo con il cruccio sulla situazione di questi giovani credenti in balìa della persecuzione. Alla prima occasione però, egli mandò il collaboratore Timoteo per verificare la loro salute, e successivamente - circa nel 50-52 d.C. - scrisse questa lettera (conosciuta come Prima Lettera di Paolo ai Tessalonicesi) per rispondere ad alcune questioni sorte nel frattempo e sostenere ed incoraggiare quindi l'intera comunità. 

La lettera in sé risulta essere composta da dua sezioni, la prima principalmente narrativa (1:1-3:13) e la seconda di istruzione ed esortazione (4:1-5:28). La prima parte narrativa è stata esaminata in un primo studio (arrivato a 2:12) e in un secondo studio (arrivato a 3:13), mentre la seconda parte istruttiva ed esortativa inizierà ad essere esaminata nel presente approfondimento per poi trovare la sua conclusione nel prossimo.

2. LA PRIMA ESORTAZIONE: PROGREDIRE NEL SIGNORE

Del resto, fratelli, avete imparato da noi il modo in cui dovete comportarvi e piacere a Dio ed è già così che vi comportate. Vi preghiamo e vi esortiamo nel Signore Gesù a progredire sempre di più. Infatti sapete quali istruzioni vi abbiamo date nel nome del Signore Gesù. Perché questa è la volontà di Dio: che vi santifichiate, che vi asteniate dalla fornicazione, che ciascuno di voi sappia possedere il proprio corpo in santità e onore, senza abbandonarsi a passioni disordinate come fanno gli stranieri che non conoscono Dio; che nessuno opprima il fratello né lo sfrutti negli affari; perché il Signore è un vendicatore in tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e dichiarato prima. Infatti Dio ci ha chiamati non a impurità, ma a santificazione. Chi dunque disprezza questi precetti, non disprezza un uomo, ma quel Dio che vi fa anche dono del suo Santo Spirito.
1Tessalonicesi 4:1-8

La prima vera e propria esortazione apostolica della lettera riguarda il tenere un sano e santo comportamento, simile a quello che i credenti di Tessalonica avevano potuto vedere in Paolo e nei suoi collaboratori. La progressione nella vita spirituale infatti coincide con la progressione nella santificazione, descritta praticamente con due esempi: l'astensione dalla fornicazione e l'assenza di inganni nei rapporti sociali. Per quanto riguarda la fornicazione, quando Paolo troverà qualche anno dopo un grave caso nella comunità di Corinto, entrerà maggiormente nel dettaglio scrivendo:

Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo per farne membra di una prostituta? No di certo! Non sapete che chi si unisce alla prostituta è un corpo solo con lei? «Poiché», Dio dice, «i due diventeranno una sola carne». Ma chi si unisce al Signore è uno spirito solo con lui. Fuggite la fornicazione. Ogni altro peccato che l'uomo commetta, è fuori del corpo; ma il fornicatore pecca contro il proprio corpo.
1Corinzi 6:15-18 

L'unione sessuale comporta una vera e propria unione che deve svolgersi all'interno del legame matrimoniale per rimanere nel sano proposito di Dio. Avvenendo al di fuori di esso, comporta una corruzione dalla quale i cristiani devono tenersi lontano, in quanto già uniti con il Signore. Il credente fornicatore infatti pecca contro il proprio corpo, contro il tempo dello Spirito Santo, disonorando lo stesso Signore che lo ha salvato. Chi disprezza questa indicazione, disprezza automaticamente il Signore stesso, che ha fatto dono a tutti i cristiani del suo Santo Spirito. Oltre a questo però, ogni credente deve allontanarsi anche dalla menzogna e dall'inganno nei confronti di tutti, e in particolare nei confronti degli altri fratelli della fede in quanto parte della stessa famiglia spirituale e dello stesso corpo di Cristo. Ai credenti di Efeso Paolo scriverà a proposito:

Perciò, bandita la menzogna, ognuno dica la verità al suo prossimo perché siamo membra gli uni degli altri.
Efesini 4:25

Siamo membra gli uni degli altri, perciò ingannare e sfruttare il nostro prossimo significa riceverne danno in prima persona; comportarci con il nostro prossimo come desideriamo che egli si comporti con noi, invece, significa riceverne beneficio personale oltre che collettivo (Lc. 6:31). Una comunità senza fiducia e assistenza gli uni per gli altri è una comunità divisa, destinata a disgregarsi. Al contrario invece, una comunità dove ogni individuo porta i pesi degli altri, è una comunità forte, in grado di sopportare qualsiasi difficoltà e destinata ad allargarsi includendo sempre più persone.   
 
3. LA PRIMA ISTRUZIONE: ESSERE DI BUONA TESTIMONIANZA

Quanto all'amore fraterno non avete bisogno che io ve ne scriva, giacché voi stessi avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri, e veramente lo fate verso tutti i fratelli che sono nell'intera Macedonia. Ma vi esortiamo, fratelli, ad abbondare in questo sempre di più, e a cercare di vivere in pace, di fare i fatti vostri e di lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato di fare, affinché camminiate dignitosamente verso quelli di fuori e non abbiate bisogno di nessuno.
1Tessalonicesi 4:9-12

Dal secondo esempio di santificazione legato al non sfruttare né opprimere nessuno, deriva la prima istruzione ad abbondare sempre di più nell'amore. I tessalonicesi avevano imparato direttamente da Dio ad amarsi gli uni gli altri, ma vengono ugualmente invitati a crescere ancora in questo, ed a lavorare con le proprie mani. Forse proprio la loro misericordia aveva favorito l'oziosità di alcuni, e per questo Paolo specifica la necessità per tutti di lavorare con le proprie mani, per essere di buona testimonianza verso i non credenti e per non avere bisogno di aiuti esterni. Fin da subito uno degli aspetti più delicati nelle comunità è stato proprio quello della gestione finanziaria, ma la condotta suggerita da Paolo consente di mantenere le chiese in una condizione di autosostentamento, preservando da scandali riguardanti il mantenimento di persone indolenti. I ministri del Vangelo devono vivere di esso, e quindi è corretto che possano vivere del loro servizio (1 Cor. 9:14), ma questa possibilità non deve essere allargata senza criterio proprio per evitare di fare danno alla chiesa e, dando una cattiva testimonianza,  rovinare così un'opera spirituale. Questa prima istruzione segue la prima esortazione, ed anticipa la successiva importantissima seconda istruzione.

4. LA SECONDA ISTRUZIONE: IL DESTINO DI QUELLI CHE DORMONO

Fratelli, non vogliamo che siate nell'ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati. Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole.
1Tessalonicesi 4:13-18

La prima istruzione viene scritta dall'apostolo affinché i tessalonicesi abbondino nell'amore e lavorino per non essere di peso a nessuno ed essere quindi di buona testimonianza. Questa seconda istruzione invece viene scritta affinché i tessalonicesi non restino nell'ignoranza a riguardo dei defunti cristiani. Forse proprio a causa della persecuzione da parte dei concittadini, alcuni fratelli nella fede erano già morti dopo poco tempo e la comunità era fortemente turbata e rattristata da questo. Alcuni avevano conoscenza delle Scritture dell'Antico Testamento, ma quanto di quello letto nel libro di Giobbe o Daniele si poteva applicare anche a loro? Ed in che modo? Cosa aveva detto Cristo a riguardo della morte? In un tempo privo del Nuovo Testamento scritto, le comunità potevano restare con questi dubbi per mesi, o addirittura anche per anni. In questa situazione dunque, Paolo scrive loro su questo tema. Come appare ora chiaro, non si tratta di uno scritto esclusivamente dottrinale, ma di un'istruzione che ha il chiaro scopo di consolare i fratelli in un momento molto difficile. Questo insegnamento non viene dato in una specie di discepolato o scuola biblica, ma in un momento di tristezza, come soluzione al problema di una realtà attuale. Qualche anno dopo, nella comunità di Corinto qualcuno inizierà a negare la risurrezione, e l'apostolo dovrà tornare con loro su questo tema entrando ancor di più nello specifico

Ai tessalonicesi invece Paolo scrive poche frasi, poche ma fondamentali per la loro vita di fede. Gesù è morto ed è risuscitato: questo è il vero e proprio fondamento. Grazie alla sua risurrezione, egli condurrà con sé coloro che sono morti amandolo: questa è la conseguenza della sua morte e risurrezione. Poi arriva una descrizione più completa della parola del Signore: egli scenderà dal cielo, ed al suo ordine e con il suono la tromba di Dio risusciteranno tutti i morti credenti, e successivamente i viventi saranno trasformati per incontrare insieme il Signore nell'aria e stare sempre con lui. Dunque la speranza della fede in Cristo non è per questa vita soltanto (saremmo i più miseri fra gli uomini se fosse così!), e di conseguenza è possibile vedere e vivere la morte stessa con serenità, come un momento di sofferenza che sarà comunque trasformato in gioia dal Signore proprio attraverso il suo ritorno e la risurrezione che egli comanderà in prima persona. Questa istruzione è consolatoria e veritiera, ed ha il potere di  rafforzare la fede in Dio più di qualsiasi altra. Nessuno può separarci dall'amore del Signore, neanche la morte stessa.

Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Com'è scritto:
«Per amor di te siamo messi a morte tutto il giorno;
siamo stati considerati come pecore da macello».
Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati. Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore.
Romani 8:35-39 
5. CONCLUSIONE 


















In questo terzo approfondimento dedicato alla Prima Lettera di Paolo ai Tessalonicesi, abbiamo iniziato ad esaminare la seconda parte della lettera, ossia la parte composta da esortazioni ed istruzioni e non più da narrazioni. I racconti del trascorso comune all'apostolo Paolo e ai tessalonicesi lasciano quindi il posto a delle esortazioni e istruzioni specifiche per il tipo di problemi che la comunità stava passando. Progredire nel Signore astenendosi dalla fornicazione (comune per tutti i loro concittadini) e dagli inganni sociali, dunque, ma anche crescere nell'amore mantenendosi ciascuno con il proprio lavoro, ed infine conservare la speranza per coloro che sono morti, sapendo che un giorno risusciteranno e anche loro saranno sempre con il Signore. Precise indicazioni pratiche con alle spalle profonde motivazioni teologiche. 

Naturalmente queste indicazioni sono un vero e proprio tesoro non solo per la prima chiesa di Tessalonica di metà I secolo, ma anche per tutti i cristiani di ogni tempo e luogo, che possono confrontarsi con queste direttive apostoliche preservate da ogni errore grazie all'ispirazione dello Spirito Santo. Ecco quindi perché tutti noi possiamo e dobbiamo - assieme ai tessalonicesi - ricevere l'esortazione a ricercare la progressione nella nostra santificazione personale, lasciando ogni impurità sessuale e relazionale. Ecco perché dobbiamo crescere nell'amore senza approfittare della generosità del nostro prossimo, e consolarci gli uni gli altri attraverso la promessa del Signore di condurre a sé tutti coloro che lo hanno amato, anche dopo la loro morte. Ubbidendo alla volontà del Signore, ogni comunità cristiana può crescere in modo sano e portare un frutto duraturo, rendendo onore a Colui che ha fatto loro dono del suo prezioso Santo Spirito.
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