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lunedì 13 maggio 2013

Questo è buono e gradito davanti a Dio

Esorto dunque, prima di ogni altra cosa, che si facciano suppliche, preghiere, intercessioni, ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che sono costituiti in autorità, affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e dignità. Questo è buono e gradito davanti a Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità. Infatti c'è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, che ha dato se stesso come prezzo di riscatto per tutti; questa è la testimonianza resa a suo tempo, e della quale io fui costituito predicatore e apostolo (io dico il vero, non mento), per istruire gli stranieri nella fede e nella verità. (1Timoteo 2:1-7)

Introduzione

La prima lettera a Timoteo è stata scritta dall'apostolo Paolo in un periodo tra il 62 e il 64 d.C. per esortare Timoteo a rimanere ad Efeso ed ordinare ad alcuni di non insegnare dottrine diverse (1:3), oltre a dare altre indicazioni utili per lui in prima persona e per la comunità che doveva risanare. L'apostolo dopo essere stato rilasciato dal suo primo imprigionamento romano (Atti 28:30) visitò nuovamente diverse chiese che aveva fondato e in un secondo momento si recò in Macedonia, dove scrisse questa lettera.
Al secondo capitolo troviamo questo brano molto conosciuto ed utilizzato per insegnare dottrine sull'intercessione e sull'evangelismo. Preghiere per la conversione dei governanti e insegnamenti sulla volontà di Dio volta alla salvezza di tutti gli uomini.
Mettendo un attimo da parte preconcetti e insegnamenti dottrinali, vorrei approcciarmi a questa lettera con una mente libera, cercando di capire quello che in primo luogo Paolo voleva comunicare al "suo figlio legittimo nella fede": Timoteo.
Dopo i saluti iniziali l'apostolo mette subito in guardia dal pericolo concreto delle false dottrine che probabilmente alcuni insegnanti giudaizzanti della comunità di Efeso insegnavano. Da qui l'incarico di Timoteo, rivestito da autorità apostolica, di mettere ordine in questa chiesa locale affinché si torni in un sano ambiente spirituale. 
Successivamente troviamo un ringraziamento di Paolo verso il Signore che lo ha salvato usando misericordia.

L'oggetto delle suppliche, preghiere, intercessioni...

Arriviamo adesso al brano protagonista di questa riflessione, in cui leggiamo l'indicazione di pregare per il re e per coloro che sono in autorità. Ma a quale scopo? Perché si devono fare suppliche, preghiere, intercessioni e ringraziamenti portando davanti a Dio queste persone? La risposta arriva immediatamente dopo: "affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e dignità". Non leggo di pregare per la conversione dei governanti, sebbene sia senz'altro una nobile preghiera. Leggo invece di pregare per loro affinché "noi" possiamo condurre una vita tranquilla. A questo punto sorgono spontanee due domande principali: chi è il "noi" implicito in questa frase e che senso abbia per Paolo desiderare di vivere una vita tranquilla. 
Meditando sulla prima domanda, possiamo considerare il fatto che gli unici soggetti della lettera sono Paolo in quanto mittente e Timoteo in quanto destinatario. Entrambi però erano in una stessa squadra apostolica e collaboravano a stretto contatto.
Probabilmente quindi il "noi" è da intendere come "Paolo e Timoteo"; o in modo più ampio loro stessi e i credenti con i quali avevano contatto. 
Ebbene, a questo punto, come mai era così importante supplicare Dio di vivere una vita tranquilla? Sicuramente Paolo non viveva in tale modo:


2Corinzi 11:26 Spesso in viaggio, in pericolo sui fiumi, in pericolo per i briganti, in pericolo da parte dei miei connazionali, in pericolo da parte degli stranieri, in pericolo nelle città, in pericolo nei deserti, in pericolo sul mare, in pericolo tra falsi fratelli;
2Corinzi 11:27 in fatiche e in pene; spesse volte in veglie, nella fame e nella sete, spesse volte nei digiuni, nel freddo e nella nudità.

Sarebbe lecito pensare quindi che semplicemente volesse un po' più di tranquillità. Ma l'urgenza usata nelle sue parole e il riscontro delle sue azioni (precedenti e successive a questa lettera) mostra come questo ragionamento sia in realtà molto debole. 


Filippesi 1:23 Sono stretto da due lati: da una parte ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio;
Filippesi 1:24 ma, dall'altra, il mio rimanere nel corpo è più necessario per voi.
[Frase scritta precedentemente rispetto alla lettera a Timoteo]

Il desiderio di Paolo non era vivere in modo tranquillo ma piuttosto addormentarsi ed andare con il Signore Gesù . Questo era ciò che desiderava più di ogni altra cosa, ma sapeva anche che la sua presenza era necessaria per continuare l'opera alla quale Dio lo aveva chiamato.
Non avrebbe senso quindi esortare così vigorosamente alla supplica per vivere tranquillamente, tant'è che voleva andare con il Signore. 
Cos'è quindi questa tranquillità a cui si riferisce? 
Addentrandoci in questo periodo storico, notiamo la nascita di un'opposizione al cristianesimo promossa da falsi fratelli, falsi insegnanti, falsi apostoli(2 Co 11:13), falsi profeti all'interno delle comunità ma anche dalla società pagana  che riconosceva nel Vangelo un'insidia per l'economia e la vecchia religione (Atti 19:28). Gli apostoli erano stati imprigionati per varie ragioni fino ad allora ma non c'era ancora stata una vera e propria persecuzione. 
Prima della prigionia romana, proprio Paolo diceva queste parole agli anziani della comunità di Efeso:


Atti 20:23 So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni.
Atti 20:24 Ma non faccio nessun conto della mia vita, come se mi fosse preziosa, pur di condurre a termine la mia corsa e il servizio affidatomi dal Signore Gesù, cioè di testimoniare del vangelo della grazia di Dio.

Egli sapeva dunque che sarebbero sopraggiunte tribolazioni, e del resto non era preoccupato della sua propria vita ma piuttosto di terminare il servizio affidato da Gesù.
E quindi perché supplicare e chiedere a Dio di vivere in tranquillità, pietà e dignità??
Questa condizione deve essere senz'altro legata alla sua prima priorità: "condurre a termine la sua corsa e il servizio affidatogli da Gesù". Paradossalmente gli arresti domiciliari non avevano intralciato questa causa (Fil 1:12), ma c'era qualcosa nell'aria che se concretizzato poteva minare a questo suo divino incarico: una persecuzione da parte dell'Impero Romano.
Di fatto dopo poco tempo iniziò una prima persecuzione promossa da Nerone (ma limitata alla sola città di Roma) durante la quale morì proprio l'apostolo Paolo insieme a Pietro, anticipando nuove ondate persecutorie ancora più violente ed estese.

L'apostolo Paolo era facilitato nel suo ministero dalle strade romane, dalla lingua franca dell'epoca, dalla sua cittadinanza romana ed i privilegi che essa comportava. Un'improvvisa persecuzione ufficiale però avrebbe bloccato completamente ogni possibilità di viaggio, di scambio, di comunicazione anche epistolare.

Paolo esortava Timoteo affinché si facessero suppliche, preghiere e intercessioni per i governanti per chiedere a Dio che essi non fossero ufficialmente ostili al cristianesimo, che non promuovessero ufficiali persecuzioni nei loro confronti!
In realtà, non menziona di pregare per la loro conversione ma solo perché lui e Timoteo potessero vivere in tranquillità, pietà e dignità per condurre a termine  il servizio affidato da Gesù: istruire gli stranieri nella fede e nella verità.

"Tutti gli uomini"

"Questo è buono e gradito davanti a Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità. Infatti c'è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo"

Arriviamo adesso al secondo importante concetto del brano iniziale. 
Molte volte ho ascoltato questo versetto come fondamento per l'idea che Dio vuole che ogni uomo sia salvato. In realtà credo che non sia questo il nobile desiderio del Signore di cui l'apostolo ci informa, per il semplice fatto che la Scrittura attesta che non accadrà in questo modo (Ap 21:8); e i propositi di Dio non possono essere frustrati.

Isaia 43:13 Da che fu il giorno, io sono;
nessuno può liberare dalla mia mano;
io opererò; chi potrà impedire la mia opera?



Isaia 25:1 SIGNORE, tu sei il mio Dio;
io ti esalterò, loderò il tuo nome,
perché hai fatto cose meravigliose;
i tuoi disegni, concepiti da tempo, sono fedeli e stabili.

Diversamente, che senso avrebbe pregare un Dio che non è capace di governare il mondo? Nessuno.
Se Dio volesse che ogni singolo essere umano giungesse a salvezza, sarebbe intervenuto in modo diverso e non esisterebbero altre religioni ingannatrici. No, non è così.

Romani 9:18 Così dunque egli fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole.

Ecco allora che questo "tutti" inizia ad assumere un diverso significato:


Romani 3:9 Che dire dunque? Noi siamo forse superiori? No affatto! Perché abbiamo già dimostrato che tutti, Giudei e Greci, sono sottoposti al peccato,
Romani 3:10 com'è scritto:
«Non c'è nessun giusto,
neppure uno.

In tutte le lettere di Paolo, il termine "tutti" nella maggior parte delle volte designa l'insieme dei Giudei e l'insieme del Gentili: le due classi in cui l'apostolo divide l'umanità. 
Il suo scopo, attestato nel brano di partenza è quello di istruire gli stranieri nella fede e nella verità proprio perché  è buono e gradito davanti a Dio, nostro Salvatore, che tutti gli uomini - Giudei e Greci - siano salvati e vengano alla conoscenza della verità. Quello che per noi sembra senza rilevanza tanto è scontato, nel primo secolo era un'eccitante novità, così come possiamo leggere negli Atti degli Apostoli. Dopo millenni in cui innumerevoli generazioni di Ebrei erano convinti di essere l'unico popolo scelto dal Signore per ereditare una salvezza escatologica, all'improvviso Dio rivela che il Suo piano di salvezza comprende anche i Gentili! E' una rivelazione di portata enorme!

Efesini 3:5 Nelle altre epoche non fu concesso ai figli degli uomini di conoscere questo mistero, così come ora, per mezzo dello Spirito, è stato rivelato ai santi apostoli e profeti di lui;
Efesini 3:6 vale a dire che gli stranieri sono eredi con noi, membra con noi di un medesimo corpo e con noi partecipi della promessa fatta in Cristo Gesù mediante il vangelo,
Efesini 3:7 di cui io sono diventato servitore secondo il dono della grazia di Dio a me concessa in virtù della sua potenza.

Questo era il mistero che fu svelato davanti agli occhi di Paolo, e questo era lo scopo della sua chiamata e del suo ministero: che gli stranieri (e non solo i Giudei) erano eredi con loro e che ora tutti - Giudei e Greci - sottoposti insieme al peccato potevano avere insieme accesso alla salvezza derivante dalla grazia di Dio accolta mediante la fede. 

Conclusioni

A questo punto, tutti i fili si riuniscono donando un nuovo significato ai versetti della prima lettera a Timoteo. Un significato che abbraccia il contesto storico/religioso dell'epoca, la psicologia dell'apostolo Paolo, lo scopo del suo ministero e il significato celato dietro a termini da lui utilizzati. Rileggiamo dunque questo passo avendo una chiave di lettura in più:

Esorto dunque, prima di ogni altra cosa, che si facciano suppliche, preghiere, intercessioni, ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che sono costituiti in autorità, affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e dignità - senza subire una persecuzione che ostacolerebbe il nostro ministero -. Infatti Questo è buono e gradito davanti a Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini - non solo i Giudei, ma anche i Gentili! -  siano salvati e vengano alla conoscenza della verità. Infatti c'è un solo Dio (che è tale sia per i Giudei che per gli altri popoli) e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, che ha dato se stesso come prezzo di riscatto per tutti (non solo per gli Ebrei); questa è la testimonianza resa a suo tempo, e della quale io fui costituito predicatore e apostolo (io dico il vero, non mento), per istruire gli stranieri nella fede e nella verità. (1Timoteo 2:1-7 commentato)

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