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giovedì 20 agosto 2015

I quattro concili ecumenici dell'antichità (parte III): il concilio di Efeso [431 d.C.]


1. INTRODUZIONE 

Volto di Teodosio II, Imperatore romano d'Oriente dal 408 d.C. al 450 d.C.
Il terzo canone redatto al Concilio di Costantinopoli, che elevava il vescovo di questa città ad una posizione di primato rispetto agli altri patriarchi della Chiesa orientale, aveva sollevato grande malumore oltre che a Roma, anche ad Alessandria d'Egitto1. Nello specifico, questa preminenza era stata affidata nel 381 d.C. (su pressioni dell'imperatore Teodosio) a Nettario, l'ultimo vescovo a tenere la presidenza del concilio. Egli rimase in carica come vescovo di Costantinopoli fino alla sua morte, avvenuta nel 3972. Al suo posto subentrò Giovanni Crisòstomo, scelto dall'eunuco imperiale Eutropio durante il governo dell'imperatore romano d'Oriente Arcadio, figlio di Teodosio3. Giovanni, predicatore dalla "bocca d'oro", aveva un carattere difficile, una scarsa abilità sociale, e si mostrò sconsiderato nell'affermare la propria autorità4. In un primo momento la moglie di Arcadio lo accolse favorevolmente a causa del suo ascetismo, ma molto presto tutti i membri della corte imperiale a Costantinopoli si risentirono per le sue severe critiche alla loro eleganza e raffinatezza, mentre le classi sociali più umili si dimostrarono volubili e inaffidabili nel sostenerlo5. Mentre stava tramontando la popolarità di Giovanni, si creò per il vescovo di Alessandria, Teofilo, la possibilità di screditarlo. A causa della distruzione del Serapeion e dell'esilio imposto a un gruppo di monaci, Teofilo venne richiamato da Arcadio a Costantinopoli per rendere conto delle sue azioni; l'imperatore chiese a Giovanni di condurre l'interrogatorio, ma Teofilo arrivò a destinazione dopo un anno di viaggio, accompagnato da un ampio seguito di accoliti che cominciarono a raccogliere lamentele su Giovanni in tutta la città6. In reazione a questo discredito, Giovanni rifiutò di fare parte della commissione che si stava costituendo, e per questo fu deposto dalla corte e dall'arrogante Teofilo7. Nel 404 Giovanni Crisòstomo lascerà la città. Nel 408, alla morte di Arcadio, suo figlio Teodosio II prenderà il posto come imperatore d'Oriente. Nel 412 alla morte di Teofilo, suo nipote Cirillo s'impadronirà trionfalmente e violentemente della carica di vescovo di Alessandria d'Egitto8. Nel 428, un nuovo vescovo, Nestorio, si siederà sulla cattedra episcopale di Costantinopoli, in un clima di grande confusione dottrinale e continua rivalità con il patriarcato di Alessandria9.

2. LA SCUOLA TEOLOGICA ANTIOCHENA E QUELLA ALESSANDRINA

Cirillo, vescovo di Alessandria, nel film "Agorà"














Il Simbolo niceno-costantinopolitano aveva chiarito la linea ortodossa (ossia di corretto insegnamento) della fede trinitaria cristiana, ma ben presto la Chiesa si accorse che persino alcune sue definizioni risultavano troppo vaghe e indefinite. Tutti i vescovi erano d'accordo con le Scritture nel constatare che Gesù "si è fatto uomo", ma in che modo egli poteva essere tanto umano quanto divino? Poteva, Gesù, passare da una natura all'altra a suo piacimento, oppure le due nature dovevano coesistere sempre e ovunque? Provava, Gesù, delle emozioni vere? Poteva soffrire? Se sì, era davvero Dio? In caso negativo invece, a che cosa era servita la crocifissione? Probabilmente in questo tempo non c'erano due teologi disposti a concordare su un'unica formula precisa che illustrasse la relazione tra le due nature10.

Nell'Impero romano d'Oriente, oltre a Gerusalemme, le due città dalla più antica tradizione cristiana erano Alessandria d'Egitto e Antiochia. Secondo la tradizione, la chiesa di Alessandria era stata fondata dall'evangelista Marco, pertanto il vescovo di tale città poteva vantare di una diretta linea di discendenza apostolica11. D'altra parte, la chiesa di Antiochia compare addirittura negli Atti degli Apostoli, avendo in questo modo una sacra testimonianza della sua antichità e importanza:

Quelli che erano stati dispersi per la persecuzione avvenuta a causa di Stefano, andarono sino in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia, annunciando la Parola solo ai Giudei, e a nessun altro. Ma alcuni di loro, che erano Ciprioti e Cirenei, giunti ad Antiochia, si misero a parlare anche ai Greci, portando il lieto messaggio del Signore Gesù. La mano del Signore era con loro; e grande fu il numero di coloro che credettero e si convertirono al Signore. La notizia giunse alle orecchie della chiesa che era in Gerusalemme, la quale mandò Barnaba fino ad Antiochia. Quand'egli giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò, e li esortò tutti ad attenersi al Signore con cuore risoluto, perché egli era un uomo buono, pieno di Spirito Santo e di fede. E una folla molto numerosa fu aggiunta al Signore. Poi Barnaba partì verso Tarso, a cercare Saulo; e, dopo averlo trovato, lo condusse ad Antiochia. Essi parteciparono per un anno intero alle riunioni della chiesa, e istruirono un gran numero di persone; ad Antiochia, per la prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani.
Atti 11:19-26   

La scuola teologica di Alessandria d'Egitto custodiva l'eredità di Clemente Alessandrino (150 d.C. - 215) ed Origene (185 d.C. - 254), servendosi nell'esegesi biblica dello stesso metodo allegorico promosso tra gli altri anche da Atanasio e i padri cappadoci (Basilio Magno, Gregorio di Nissa, Gregorio Nazianzeno)12. Il suo pensiero era di indirizzo platonico e la sua forza era la speculazione teologica13. La scuola teologica di Antiochia invece, aveva come fondatore Luciano d'Antiochia (235 d.C., 312) e come caratteristiche l'accurata e sobria esegesi grammaticale e storica delle Scritture, con una riflessione più aristotelica e leggermente razionalistica14. Diodoro di Tarso, Giovanni Crisòstomo, Teodoro di Mopsuestia e Nestorio facevano parte di questa scuola teologica15. Teofilo e Cirillo, invece, aderivano naturalmente alla scuola alessandrina. 


Verso l'inizio dell'episcopato di Nestorio, un suo presbitero presentò durante un sermone una denuncia del termine theotókos (madre di Dio) come attributo per Maria, titolo radicato nel cristianesimo almeno dal III secolo16. Questa posizione accese un certo malcontento, ma Nestorio difese il ministro in questione spiegando che la definizione più appropriata sarebbe stata christotókos, ossia madre di Cristo17. Nonostante la designazione theotókos non fosse intesa per trasmettere alcun intento dottrinale, e fosse usata dai vescovi con opinioni divergenti, Nestorio riteneva che dietro i sentimenti devoti si nascondessero idee teologiche errate sul rapporto tra Cristo e Dio18. Egli sosteneva che Maria avesse dato alla luce un uomo che era unito a Dio, ma non il divino Figlio di Dio19

In poche settimane si fece un grande scalpore in città, e una copia della predica in questione arrivò fino ad Alessandria. Il vescovo Cirillo scrisse una lettera circolare in cui specificava che tale designazione tutelava l'unione di Dio e dell'uomo in Cristo, escludendo giustamente qualunque idea che vedeva Cristo semplicemente come un uomo unito al divino Figlio di Dio20. Per Cirillo, poiché Gesù di Nazareth era "consustanziale con il Padre" come affermava il credo niceno, Maria era di conseguenza giustamente onorata con il titolo di madre di Dio21. La lettera arrivò a Costantinopoli e Nestorio, offeso dal fatto che il patriarca di Alessandria volesse dare lezioni di dottrina a lui (di formazione antiochena e in quanto patriarca di Costantinopoli tecnicamente in una posizione di superiorità), si mosse velocemente per ottenere il sostegno dei vescovi vicini e guadagnarsi il favore della corte imperiale22. Quando la diatriba raggiunse Roma, il vescovo Celestino convocò in tutta urgenza un sinodo in quella città, nel quale prese le distanze dalla posizione di Nestorio, invitandolo di conseguenza a rivedere il suo pensiero23. Ormai però la questione era diventata troppo grande, e aveva reso necessario un nuovo concilio generale con vescovi da tutto il mondo cristiano, per poter prendere una linea definitiva valida per l'intera cristianità24.

3. IL (PRIMO) CONCILIO DI EFESO 
















Nestorio era favorevole all'idea di un concilio, pensando che si sarebbe tenuto a Costantinopoli, ma l'imperatore Teodosio II decise di organizzarlo a Efeso, città che vantava una lunga storia di devozione a Maria25. Qui infatti la tradizione affermava che ella si fosse trasferita assieme all'apostolo Giovanni dopo la crocifissione di Cristo26. Prima dell'apertura, tuttavia, Cirillo scrisse e indirizzò a Nestorio una lista con i seguenti dodici provocatori anatematismi:
1. Se qualcuno non confessa che l'Emmanuele è Dio nel vero senso della parola, e che perciò la santa Vergine è madre di Dio perché ha generato secondo la carne, il Verbo di Dio fatto carne, sia anatema. 
2. Se qualcuno non confessa che il Verbo del Padre ha assunto in unità di sostanza l'umana carne, che egli è un solo Cristo con la propria carne, cioè lo stesso che è Dio e uomo insieme, sia anatema. 
3. Se qualcuno divide nell'unico Cristo, dopo l'unione, le due sostanze congiungendole con un semplice rapporto di dignità, cioè d'autorità, o di potenza, e non, piuttosto con un'unione naturale, sia anatema. 
4. Se qualcuno attribuisce a due persone o due sostanze le espressioni dei Vangeli e degli scritti degli apostoli, o dette dai santi sul Cristo, o da lui di sé stesso, ed alcune le attribuisce a lui come uomo, considerato distinto dal Verbo di Dio, altre, invece, come convenienti a Dio al solo Verbo di Dio Padre, sia anatema. 
5. Se qualcuno osa dire che il Cristo è un uomo portatore di Dio, e non piuttosto Dio secondo verità, come Figlio unico per natura, inquantoché il verbo si fece carne e partecipò a nostra somiglianza della carne e del sangue, sia anatema.
6. Se qualcuno dirà che il Verbo, nato da Dio Padre, è Dio e Signore del Cristo, e non confessa, piuttosto, che esso è Dio e uomo insieme, inquantoché il verbo si è fatto carne secondo le Scritture, sia anatema.

7. Se qualcuno afferma che Gesù, come uomo, è stato mosso nel suo agire dal Verbo di Dio, e che gli è stata attribuita la dignità di unigenito, come ad uno diverso da lui, sia anatema. 
8. Se qualcuno osa, dire che l'uomo assunto deve essere con-adorato col Verbo di Dio, con-glorificato e con-chiamato Dio come si fa di uno con un altro (infatti la particella con che accompagna sempre queste espressioni, fa pensare ciò), e non onora, piuttosto, con un'unica adorazione, l'Emmanuele, e non gli attribuisce un'unica lode, in quanto il verbo si è fatto carne, sia anatema. 
9. Se qualcuno dice che l'unico Signore Gesù Cristo è stato glorificato dallo Spirito, nel senso che egli si sarebbe servito della sua potenza come di una forza estranea, e che avrebbe ricevuto da lui di potere agire contro gli spiriti immondi, e di potere compiere le sue divine meraviglie in mezzo agli uomini, sia anatema. 
10. La divina Scrittura dice che il Cristo è divenuto pontefice e apostolo della nostra confessione, e che si è offerto per noi in odore di soavità a Dio Padre. Perciò se qualcuno dice che è divenuto pontefice e apostolo nostro non lo stesso Verbo di Dio, quando si fece carne e uomo come noi, ma, quasi altro da lui, l'uomo nato dalla donna preso a sé; o anche se qualcuno dice che ha offerto il sacrificio anche per sé, e non, invece, solamente per noi (e, infatti, non poteva aver bisogno di sacrificio chi non conobbe peccato), sia anatema. 
11. Se qualcuno non confessa che la carne del Signore è vivificante e (che essa è la carne) propria dello stesso Verbo del Padre, (e sostiene, invece, che sia) di un altro, diverso da lui, e unito a lui solo per la sua dignità; o anche che abbia ricevuto solo la divina abitazione; se, dunque, non confessa che sia vivificante , come abbiamo detto, inquantoché divenne propria del Verbo, che può vivificare ogni cosa, sia anatema. 
12. Se qualcuno non confessa che il Verbo di Dio ha sofferto nella carne, è stato crocifisso nella carne, ha assaporato la morte nella carne, ed è divenuto il primogenito dei morti, inquantoché, essendo Dio, è vita e dà la vita, sia anatema27.          
Quando Nestorio ricevette la lettera, ne mandò immediatamente una copia al suo principale alleato, Giovanni, patriarca di Antiochia, che radunò i suoi vescovi in difesa di Nestorio28. Con una lettera circolare del 19 novembre 430, Teodosio II convocò tutti i metropoliti d'Oriente e d'Occidente per questo nuovo concilio, che sarebbe iniziato il 7 giugno 43129. L'imperatore scrisse anche personalmente ad Agostino, ma nel frattempo egli era già morto ad Ippona30

Nestorio fu il primo ad arrivare ad Efeso, accolto con freddezza dal rispettivo vescovo Memnone; pochi giorni dopo arrivarono Cirillo e i suoi sostenitori, e da lì a poco entrarono in città anche un gruppo di vescovi della Palestina, guidati da Giovenale, vescovo di Gerusalemme31. Giovanni di Antiochia invece non arrivò durante le successive due settimane e Cirillo decise di iniziare senza la sua presenza32. Il commissario imperiale lesse il documento che autorizzava il sinodo; Nestorio non era presente all'inizio della riunione, e dopo il diniego dato alla delegazione che lo invitò più volte alla partecipazione, i vescovi iniziarono a dedicarsi comunque alla questione teologica per cui era stata indetta l'assemblea, ossia il rifiuto dell'appellativo theotókos da parte di Nestorio stesso33. Fu letto ad alta voce il Credo Niceno-Costantinopolitano, le due lettere di Cirillo a Nestorio, una selezione di scritti dei padri della Chiesa e una serie di passaggi tratti dagli scritti di Nestorio34. Alla fine della giornata la sua tesi fu condannata formalmente con le seguenti parole sottoscritte da 198 vescovi:
Il santo sinodo disse: oltre al resto, poiché l'illustrissimo Nestorio non ha voluto ascoltare il nostro invito, né accogliere i santissimi e piissimi vescovi da noi mandati, abbiamo dovuto necessariamente procedere all'esame delle sue empie espressioni. Avendo constatato dall'esame delle sue lettere, dagli scritti che sono stati letti, dalle sue recenti affermazioni fatte in questa metropoli e confermate da testimoni, che egli pensa e predica empiamente, spinti dai canoni dalla lettera del nostro santissimo padre e collega nel ministero Celestino, vescovo della chiesa di Roma, siamo dovuto giungere, spesso con le lacrime agli occhi, a questa dolorosa condanna contro di lui.
Gesù Cristo stesso, nostro Signore, da lui bestemmiato, ha definito per bocca di questo santissimo concilio, che lo stesso Nestorio è escluso dalla dignità vescovile e da qualsiasi collegio sacerdotale
35
La relazione del commissario imperiale Candidiano fu inviata all'imperatore36. Nel frattempo, il 26 o 27 giugno arrivarono finalmente i 43 vescovi antiocheni che, offesi dal fatto, si riunirono in anti-concilio ed esclusero dalla Chiesa il vescovo Cirillo (accusato di predicare l'eresia di Apollinare) e il vescovo Memnone, mandando la loro ulteriore comunicazione a Teodosio II37

La fazione di Cirillo si riunì in altre sedute dal 10 al 31 luglio, invalidando il concilio antiocheno, scomunicando il Patriarca Giovanni e approvando i sei canoni diretti contro Nestorio; ogni comunicazione tuttavia fu intercettata dai Nestoriani tranne una lettera che raggiunse i monaci della città di Costantinopoli, i quali reagirono con una vigorosa protesta alla corte imperiale38. Teodosio II in tutta risposta mandò ad Efeso nel mese di agosto un ufficiale di alto rango per arrestare Nestorio, Cirillo e Memnone, poi radunò un piccolo gruppo di vescovi - sette per parte - per discutere la questione39. Anche questa iniziativa produsse un nulla di fatto e Nestorio, stanco di combattere, se ne tornò nel suo monastero in Siria; Cirillo tornò ad Alessandria dove fu accolto come un vincitore, in quanto molti dei vescovi che avevano sostenuto Nestorio accondiscesero all'uso dell'epiteto theotókos per Maria40. Sebbene il concilio presdieduto da Cirillo sarebbe stato alla fine considerato come ufficiale, molti erano rimasti infastiditi dal suo comportamento dispotico, sostenendo che fosse impossibile proseguire verso l'unità a meno che non avesse ritirato i dodici anatemi41. Consapevole della sua fragile posizione, Cirillo scrisse a questo punto una lettera al principale difensore di Nestorio, usando un linguaggio più morbido e accettabile anche per i suoi oppositori42. Una delegazione accompagnata da un legato imperiale fu inviata ad Alessandria per elaborare una dichiarazione congiunta, che alla fine fu redatta e approvata, mantenendo tuttavia la condanna di Nestorio e l'approvazione del titolo theotókos43. L'accordo fu siglato in primavera, e divenne noto come la Formula di Unione:
Per quanto riguarda la vergine madre di Dio, come noi la concepiamo e ne parliamo e il modo dell'incarnazione dell'unigenito Figlio di Dio, ne faremo necessariamente una breve esposizione, non con l'intenzione di fare un'aggiunta, ma per assicurarvi, così come dall'inizio lo abbiamo appreso dalle Sacre Scritture e dai santi padri, non aggiungendo assolutamente nulla alla fede esposta da essi a Nicea
Come infatti abbiamo premesso, essa è sufficiente alla piena conoscenza della fede e a respingere ogni eresia. E parleremo non con la presunzione di comprendere ciò che è inaccessibile, ma riconoscendo la nostra insufficienza, ed opponendoci a coloro che ci assalgono quando consideriamo le verità che sono al di sopra dell'uomo. 
Noi quindi confessiamo che il nostro Signore Gesù Cristo, figlio unigenito di Dio, è perfetto Dio e perfetto uomo (composto) di anima razionale e di corpo; generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, nato, per noi e per la nostra salvezza, alla fine dei tempi dalla vergine Maria secondo l'umanità; che è consustanziale al Padre secondo la divinità, e consustanziale a noi secondo l'umanità, essendo avvenuta l'unione delle due nature. Perciò noi confessiamo un solo Cristo, un solo Figlio, un solo Signore. 
Conforme a questo concetto di unione inconfusa, noi confessiamo che la vergine santa è madre di Dio, essendosi il Verbo di Dio incarnato e fatto uomo, ed avendo unito in sé fin dallo stesso concepimento, il tempio assunto da essa.
Quanto alle affermazioni evangeliche ed apostoliche che riguardano il Signore, sappiamo che i teologi alcune le hanno considerate comuni, e cioè relative alla stessa, unica persona, altre le hanno distinte come appartenenti alle due nature; e cioè: quelle degne di Diole hanno riferite alla divinità del Cristo, quelle più umili alla sua umanità44.  
4. CONCLUSIONE

Efeso: la basilica del concilio.
Nonostante la Formula di Unione, la controversia continuò nei decenni successivi concentrandosi questa volta sul termine "natura", trascinando la Chiesa fino alla rinnovata esigenza di convocare un nuovo concilio ecumenico45. Con il senno di poi, risulta difficile stabilire fino a che punto Nestorio sia stato realmente un eretico nel senso rigoroso del termine, e quanto invece la sua vicenda non possa essere stata frutto di malintesi ed interessi religiosi. I Nestoriani fondarono un proprio patriarcato a Seleucia-Ctesifonte, che nei secoli successivi svolse opera missionaria fino in Cina e India46



Note:

[1] Freeman Charles, Il cristianesimo primitivo, Ed. Einaudi, cit. p. 383. 
[2] Id., Ibid. 
[3] Vedi:
- http://www.treccani.it/enciclopedia/santo-giovanni-crisostomo/
- http://www.treccani.it/enciclopedia/arcadio_%28Enciclopedia-Italiana%29/
[4] F. Charles, Il cristianesimo primitivo, Einaudi, cit. p. 383. 
[5] Id. Ibid. 
[6] Id. Ibid. 
[7] Id. Ibid.  
[8] F. Charles, Il cristianesimo primitivo, Einaudi, cit. p. 384. 
[9] F. Charles, Il cristianesimo primitivo, Einaudi, cit. p. 386. 
[10] Id., Ibid. 
[11] Robert Louis Wilken, I primi mille anni, Ed. Einaudi, cit. p. 222. 
[12] Hubert Jedin, Breve storia dei concili, Ed. Herder-Morcelliana, cit. p. 30.
[13] Id., Ibid.  
[14] Id., Ibid.
[15] Id., Ibid.
[16] R. L. Wilken, I primi mille anni, Ed. Einaudi, cit. p. 220.  
[17] Id., Ibid.
[18] Id., Ibid.    
[19] Id., Ibid.     
[20] R. L. Wilken, I primi mille anni, Ed. Einaudi, cit. p. 222.  
[21] Id., Ibid.  
[22] Id., Ibid., cit. p. 223.  
[23] Id., Ibid.    
[24] Id., Ibid. 
[25] Id., Ibid.  
[26] F. Charles, Il cristianesimo primitivo, Einaudi, cit. p. 387.    
[27] Alberigo Giuseppe, Decisione dei concili ecumenici, Unione Tipografico-Editrice Torinese, cit. pp. 140-142.  
[28] R. L. Wilken, I primi mille anni, Ed. Einaudi, cit. p. 224. 
[29] Vedi:
-
H. Jedin, Breve storia dei concili, Ed. Herder-Morcelliana, cit. p. 33.
- R. L. Wilken, I primi mille anni, Ed. Einaudi, cit. p. 224. 
[30] H. Jedin, Breve storia dei concili, Ed. Herder-Morcelliana, cit. p. 33.
[31] R. L. Wilken, I primi mille anni, Ed. Einaudi, cit. p. 224. 
[32] Id., Ibid.  
[33] Id., Ibid. 
[34] Id., Ibid. 
[35] A. Giuseppe, Decisione dei concili ecumenici, Unione Tipografico-Editrice Torinese, cit. p 142.  
[36] H. Jedin, Breve storia dei concili, Ed. Herder-Morcelliana, cit. p. 33.
[37] Id., Ibid. 
[38] H. Jedin, Breve storia dei concili, Ed. Herder-Morcelliana, cit. p. 35.
[39] R. L. Wilken, I primi mille anni, Ed. Einaudi, cit. p. 225.
[40] Id., Ibid.
[41] Id., Ibid.
[42] Id., Ibid.
[43] Id., Ibid.
[44] A. Giuseppe, Decisione dei concili ecumenici, Unione Tipografico-Editrice Torinese, cit. p 148.  
[45] R. L. Wilken, I primi mille anni, Ed. Einaudi, cit. p. 226.    
[46]  H. Jedin, Breve storia dei concili, Ed. Herder-Morcelliana, cit. p. 37.
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